Per Seguire La Mia Stella by Laura Bosio & Bruno Nacci

Per Seguire La Mia Stella by Laura Bosio & Bruno Nacci

autore:Laura Bosio & Bruno Nacci [Bosio, Laura & Nacci, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storici, Historical, Fiction, Letteratura
ISBN: 9788823515994
Google: I7BADgAAQBAJ
Amazon: 8823515998
Goodreads: 34640498
editore: Guanda
pubblicato: 2017-03-15T23:00:00+00:00


Alla fine di maggio dell’anno seguente, 1554, la sontuosa carrozza dei Matraini, che stava diventando anacronistica, li condusse a Firenze per una visita indimenticabile, e forse premonitrice. A incantarli non fu la città, che avevano conosciuto. Fu un dipinto. Andrea, l’amico pittore, lo aveva descritto a Chiara in una lettera appassionata insistendo perché lei e Bartolomeo lo vedessero, e il pellegrinaggio ricompensò la fatica.

Stranamente, non aveva piovuto per quasi tutto il mese e la campagna era secca, le strade così impolverate che non si poteva viaggiare senza avvolgersi in teli dalla testa ai piedi per proteggere gli occhi, il naso, i vestiti, i capelli. Bartolomeo, che stava invecchiando, non se l’era sentita di guidare a cassetta e aveva ceduto le briglie a Linuccio, inesperto di carrozze ma più resistente.

Entrarono in città dalla Porta Domus, nel primo pomeriggio, dopo avere viaggiato per ore quasi senza interruzione. Firenze era soffocante. La locanda Oltrarno dove l’amico li aspettava era un’oasi nel deserto, con il cortile ombroso e l’ingresso attraversato da un lieve vento, ma Chiara e Bartolomeo non ebbero il tempo di riposarsi dal viaggio spossante, di godersi dalla finestra della loro camera al terzo piano la vista del Ponte, le vele della Cupola ogni volta, queste sì, sorprendenti. Chiara le collegava, non poteva farne a meno, al mottetto composto da Guillaume Dufay per la consacrazione di Santa Maria del Fiore, Nuper rosarum flores, che lei e Bartolomeo eseguivano accompagnandosi alla spinetta: fiori di rosa in sereno equilibrio musicale, punteggiati dai siparietti buffi che Bartolomeo «il fantastico» ogni tanto improvvisava ancora. Di fronte alla Cupola, le note si muovevano da sole nelle sue orecchie. Quella volta sentì soprattutto il vociare di Linuccio, che era sceso dalla carrozza giallo di terra, e del padrone della locanda, un omaccione con la pelle e la lingua di lucertola che imprecava per i cavalli spossati. «Non vedi come sono ridotti? Volevi farli morire?» La preoccupazione per i vecchi cavalli, che effettivamente erano imbolsiti, distrasse il locandiere da quella coppia di lucchesi un po’ stravaganti, e molto sporchi, che si erano registrati come marito e moglie. «Ma chissà se lo sono» aveva buttato lì la servetta che poi li aveva accompagnati nella stanza.

Andrea, salito insieme a loro per aiutarli con il bagaglio, li incalzava agitandosi nel corridoio. Non lo vedevano da tempo, era gonfio come una palla. Chiara e Bartolomeo lo pregarono di aspettarli sotto. «Va bene, ma fate svelti» li implorò. «Dovete vederlo con la luce migliore.» Ubbidirono. Tolsero gli abiti impolverati, si rinfrescarono alla bell’e meglio, indossarono i vestiti più leggeri che avevano portato e si consegnarono nelle mani dell’amico, che quasi li trascinò per la stretta strada parallela all’Arno, straordinariamente povero d’acqua. Nelle botteghe gli artigiani sudavano lavorando a rilento, come le persone che camminavano pallide per il caldo e gli odori fetidi. Arrivarono a Santa Felicita ansimanti.

Davanti al portone, nella piazzetta angusta dove svolazzavano piccioni come gallinelle nell’aia, una vecchia con un bambino malridotto tese una ciotola per l’elemosina, Andrea lasciò cadere una moneta e spinse Chiara e Bartolomeo all’interno.



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